//NOIA: un sintomo e un’opportunità da non sottovalutare

NOIA: un sintomo e un’opportunità da non sottovalutare



<< MUOIO SENZA MORIRE,
IN QUESTI GIORNI USATI VIVO SENZA SOFFRIRE,
NON C’È CROCE PIÙ GRANDE
[…]
È LA CUMBIA DELLA NOIA >>

Angelina Mango

Così Angelina Mango descrive uno stato d’animo molto personale ne “La noia”, canzone vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo. Si parla di “morire senza morire”, una “finta morte” che non ha di fatto luogo, un’immagine figurata, una condizione che non implica spegnimento e disconnessione definitiva, piuttosto allude a stand-by, stenti, irrequietezza. Nel secondo verso la cantante parla poi di una vita priva di sofferenze come condizione talmente piatta e priva di stimoli, che nella sua vacuità diventa difficile da sostenere, come una croce pesante, la “croce più grande” da portare.

Cos’è la noia?

La noia è uno stato d’animo facilmente identificabile in diversi contesti di vita al cui centro ritroviamo bambini, giovani, adulti e persino anziani: la rintracciamo nel costante e disinteressato gesto di “scrolling” sui social, nel continuo tentativo di riempire le giornate con impegni, hobby e obiettivi da perseguire. La noia è presente anche a scuola, contesto in cui gli studenti, se annoiati, cercano più di una strategia per fronteggiarla: alcuni semplicemente sperano che la lezione termini quanto prima, altri interagiscono con compagni di classe, altri combattono la noia cercando di rimanere attenti alla lezione, altri ancora interrompono la lezione infastidendo docenti e compagni di classe. Sono diversi i comportamenti messi in atto, sebbene l’obiettivo rimanga comune, ovvero quello di fuggire da questa condizione in cui il tempo scorre lentamente ed il vissuto appare più pesante. C’è un disperato desiderio di “fare qualcosa”, ma senza sapere cosa, un desiderio senza oggetto.

Uno sgradevole stato d’animo da cui fuggire

La noia può avere diverse configurazioni, come l’incapacità di capire i propri bisogni, il rifiuto del limite, la difesa contro la paura di fallire, ma fondamentalmente è riconducibile ad un rapporto alterato tra sé e il mondo ed è la prova evidente di quanto non siamo capaci di stare in contatto con noi stessi.

Il tema della noia appare fin dai tempi di Lucrezio, il quale sosteneva essere uno stato d’animo derivante dalla non conoscenza delle cause dell’infelicità umana. Egli la definì come “taedium vitae” in cui l’uomo si rifugia, fuggendo da sé stesso, quando si rende conto che non trova pace né dentro né fuori di sé e avverte una grande sensazione di vuoto.

Quando il rimedio è peggiore del male

Ecco che, per evitare questo vuoto, si tenta solitamente di occupare il tempo in qualsiasi modo possibile, nel disperato tentativo di alleviare il peso della croce a cui accenna la cantante Angelina Mango: aumento degli impegni, ricerca di esperienze “forti”, uso di droghe e alcol, continuo, quanto superficiale, contatto con gli altri, gioco d’azzardo, comportamenti altamente disfunzionali, spesso distruttivi per sé e per gli altri alla ricerca di un modo per “esserci”, dovunque e comunque.

Noia cronica e depressione

Le persone che soffrono di noia cronica hanno un rischio maggiore di soffrire di ansia e depressione

La noia e la depressione hanno in comune il senso di vuoto, ma mentre nella prima si vive un vuoto di contenuto, desiderando un oggetto che non si sa quale sia, nella depressione è il mondo esterno ad essere percepito come vuoto e il Sé come pesante, gravato e abbattuto. La quotidianità viene percepita come “noiosa”, priva di incentivi e piano piano ci si sente avulsi e disconnessi dalla realtà. In buona sostanza, la noia cronica diventa noia esistenziale, una pervasiva sensazione che la vita non abbia più senso e che la nostra presenza nel mondo non sia poi così importante, talora inutile.

Siamo più annoiati oggi, rispetto al passato?

Probabilmente sì! L’era digitale e i social network hanno determinato e sottoposto il nostro cervello ad un sovraccarico incessante di stimoli che, quando vengono interrotti, danno luogo ad un profondo senso di frustrazione, perché l’arresto viene vissuto come “immobilità”, impotenza, proviamo noia, diventiamo apatici, non siamo capaci di stare in uno spazio e in un tempo in cui siamo solo in compagnia di noi stessi. Questa è una realtà che vivono molti giovani e non solo.

La noia sotto una nuova luce, embrione di intuizioni creative

Nella storia dell’uomo, la noia, il desiderio di un desiderio è stata chiamata in modi diversi (otiumaccidiamelancholiaspleenricerca dell’ignotoinfelicità) ma non sempre ha avuto una connotazione negativa, come nella società moderna. La noia era uno stimolo che dava vita alla riflessione, alla filosofia, all’arte, un malessere che stimolava l’uomo a riflettere sulla sua condizione esistenziale, ad ascoltare la propria coscienza, i propri impulsi e desideri.

Allora, perché non riabilitare la pratica dell’ozio, un sano spazio da dedicare all’ascolto di noi stessi, per imparare ad ascoltare anche l’altro?

La noia può servire a liberare la mente, favorisce l’ introspezione, lascia spazio per riflessioni e spunti creativi. I segnali di noia, e come noi rispondiamo ad essi, possono avere conseguenze riferibili a sentieri affascinanti da percorrere?

In quest’ottica, come suggerisce Rossi R., per recuperare una condizione di equilibrio e riappropriarsi della propria dimensione di soggetto, l’annoiato non dovrà essere incoraggiato a fare, bensì ad ascoltare i propri vissuti emotivi, fino a sprofondarvi dentro, per trasformare questo vuoto in uno spazio in cui meditare sul senso della propria esistenza. La noia viene pertanto interpretata come campanello d’allarme di una perdita di senso generale e il compito dell’annoiato sarà quello di recuperare il senso del suo agire: “l’individuo in grado di riappropriarsi di ciò che si cela dietro lo scacco della noia e, con ciò, recuperare la relazione con sé e il significato che egli attribuisce ai propri investimenti, fa della noia un’occasione”.

Dunque, la noia, come dice la dott.ssa Teresa Belton, dovrebbe essere riconosciuta e legittimata come un’emozione umana che potrebbe essere centrale nell’apprendimento e nella creatività.

Regaliamo ai nostri bambini un tempo vuoto, quel “dolce far niente” che gli permetterà di conoscere se stessi e di scoprire il desiderio di ciò che non c’è.

Questo articolo contiene considerazioni di tipo generico e non sostituisce il consulto di uno specialista.