Complottismo vs Apocalisse: forme opposte di rifiuto della realtà
Complottismo e Sindrome dell’Apocalisse sono due facce di una stessa medaglia: il rifiuto della realtà. Nascono dal bisogno di trovare spiegazioni coerenti a una realtà che ci appare negativa e incomprensibile. Tanto le teorie del complotto quanto il pensiero catastrofico prendono piede in periodi storici critici. Le persone, infatti, sono inclini a cedere a visioni e idee in grado di spiegare i fatti che accadono a noi o attorno a noi, sono meccanismi di difesa rispetto a situazioni sociali contingenti e negative, ma anche rispetto alle proprie vicende personali.
Tanto il complottismo quanto il pensiero catastrofico, inoltre, sono caratterizzati da:
- dogmatismo
- atteggiamenti paranoidi
- rifiuto della realtà
- assunzione di un ruolo passivo nella storia.
Complottismo: il potere rassicurante della narrazione
Dire che una teoria del complotto sia rassicurante sembra una contraddizione. Eppure, le teorie di questo tipo hanno proprio la funzione di rassicurare rispetto a fenomeni altrimenti fuori dal nostro controllo.
La rassicurazione delle teorie complottistiche viene dal fatto che esse forniscono una realtà alternativa, virtuale, lontana dalla complessità, a tratti incomprensibile dei fenomeni che accadono. Si tratta, di fatto, di un rifiuto della realtà.
Le teorie del complotto si nutrono di narrazioni: affascinano, giustificano, spiegano, senza fare i conti con prove reali e oggettive.
Inoltre, spostano l’asse della responsabilità dei fatti verso entità terze, allontanando il peso delle responsabilità individuali, quando presenti, o comunque inducendo le persone ad assumere un ruolo passivo nella storia personale e collettiva. In questo sta il fascino rassicurante del complottismo.
Sindrome dell’Apocalisse e pensiero catastrofico
L’altra faccia della medaglia, in periodi critici e di difficoltà, è pensare che l’Apocalisse sia vicina. Apocalisse intesa contemporaneamente come rivelazione e come catastrofe.
Vedere nei periodi critici la fine dei tempi oppure l’occasione di rivalsa dei buoni e l’arrivo di un nuovo ordine morale è un altro modo di trovare rassicurazione rispetto ai fatti reali.
La forza del pensiero catastrofico e della sindrome dell’Apocalisse risiede, in parte, in un terreno culturale di matrice religiosa, talmente sedimentato nella coscienza individuale e collettiva da essere quasi ineludibile.
Il rifiuto della realtà è la via più facile
Il rifiuto della realtà è la via più facile. Al contrario, accettarla è l’opzione meno rassicurante. Vuol dire fare i conti con la finitudine della propria condizione e l’impotenza di fronte a eventi che sono fuori dal nostro controllo.
La società moderna genera ansia, anche per via dei messaggi, spesso ambigui e contradditori, continuamente amplificati da media, smartphone, schermi e iperconnessione. Di fronte a una quantità enorme di informazioni diventa sempre più difficile affrontare la vita e gli eventi con razionalità.
Complottismo e Sindrome dell’Apocalisse sono risposte emotive a problemi oggettivi, grandi, sfaccettati, complessi, talvolta irrisolvibili e incomprensibili.
Sentirsi vittima di un complotto nella vita quotidiana
Al di fuori dei grandi movimenti globali di complottismo o sindrome dell’Apocalisse, questi atteggiamenti si riscontrano anche nella vita di tutti i giorni di fronte a problemi quotidiani.
Questo avviene anche per condizioni negative, ma modificabili, ad esempio insoddisfazione sul lavoro, nella vita affettiva o sociale.
In questi casi, alcune persone tendono a scaricare la colpa su terzi:
- i genitori, la famiglia, gli amici;
- il destino;
- la società;
- ecc.
Avviene così un allontanamento dalle proprie responsabilità individuali, relative alle scelte e ai comportamenti, la persona si sente vittima di forze negative che la soverchiano e causano la sua sventura.
Spiegare la realtà come strada per la redenzione
Altre persone, invece, vedono nella propria sofferenza la strada per la redenzione, per la santificazione, fino ad un nuovo ordine di cose in cui saranno ripagati di tanto dolore (sindrome dell’Apocalisse). Si sentono altrettanto vittime, ma danno alle circostanze una spiegazione in base alle loro credenze e alla loro fede.
Tutti questi atteggiamenti, nella quotidianità, possono impedire di affrontare la realtà in maniera oggettiva e di prendere il controllo della propria vita contando sulle proprie risorse.
Allora potrebbe essere utile chiedere l’intervento di uno psicologo. A volte sono sufficienti pochi incontri per guardare con razionalità e equilibrio alla propria storia personale, acquisire più consapevolezza di ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, per assumere un ruolo attivo, da protagonisti della nostra vita individuale e sociale.
L’articolo contiene indicazioni e riflessioni di carattere generale e non sostituisce un consulto psicologico. Contatta la dott.ssa Ada Antonelli, psicologa, per un appuntamento.