Per un nuovo inizio ricominciamo dalla fine
Questa pandemia ci costringe, nel male e nel bene, a fare i conti con un sistema complesso che investe tutti gli aspetti della nostra vita: salute, economia, giustizia, libertà, solo per citarne alcuni, che rimandano alla visione che abbiamo del mondo e della nostra vita nella sua quotidianità.
Penso anche che la narrazione che ne viene fatta, in maniera “razionalmente emotiva” dalla televisione, sia erronea, usi cioè il linguaggio della “guerra”, per attribuire a un virus il volto del nemico, quando in realtà è un sistema ad essere malato, divide le persone tra amici e traditori, crea il mito degli eroi invece di rispondere dei tagli alla sanità, ma soprattutto, evocare uno stato di guerra attiva uno stato di angoscia e di paura, esclude la cura, la compassione, l’umiltà, la dignità, la libera circolazione del pensiero e si richiedono sacrifici per sconfiggere un nemico che, anche se in piccola parte, ciascuno di noi ha contribuito a “creare”.
Per quanto la situazione sia drammatica non ci lasciamo affascinare e invaghire (sull’onda emotivo-mediatica) da questo stato di emergenza, si corre il rischio di scambiare uno stato di eccezione con la vita vera, siccome certezze su questo virus non ne abbiamo, anzi, mi pare che sia il virus della discordia anche fra gli addetti ai lavori, è meglio prepararsi o comunque riconsiderare la nostra vita vera, cercando di capire con vero spirito di ricerca ciò che sta succedendo.
La scienza non è e non deve essere intesa come un dogma, non esistono verità acquisite e assolute, convinzioni e certezze possono venire superate, a volte radicalmente capovolte da nuove conoscenze (basti pensare alla lunga strada nel campo dei tumori, tuttora in divenire), la scienza non è un’entità superiore avulsa da un contesto, ma scienziati e ricercatori agiscono all’interno di sistemi sociali, culturali, economici in continua interazione che ne condizionano priorità, orientamenti, risultati.
“Leggiamo” con spirito critico e non polemico i fatti sociali e ricordiamoci che scienza e potere politico, dunque economico, sono strettamente connessi, specie nel campo della medicina (basti pensare alle case farmaceutiche) per creare e mantenere il terreno della ricerca aperto al dialogo, al confronto, trasparente, al di sopra delle leggi del mercato e della crescita economica (solo per pochi) fine a se stessa.
Questa pandemia è il segno di una patologia della società che richiede un interrogarsi più a fondo sul modo di essere dell’uomo moderno nell’era della globalizzazione, non ci facciamo distrarre troppo dalla filosofia emergenziale che l’accompagna con il richiamo alla paura, a vedere nell’altro il nemico, a percepire il mondo fuori da noi luogo di morte, non illudiamoci che una società possa restare immune da ogni contaminazione e non chiediamo né alla scienza né alla politica garanzia di essere immortali, cominciamo ad accettare che la vita finisca.
Potrebbe essere un modo nuovo per ricominciare!