Chi è senza peccato scagli la prima pesca.
In questi giorni si è acceso il dibattito a proposito del nuovo spot Esselunga, in cui una bambina tenta di ristabilire un contatto tra i genitori attraverso una pesca. Non scendo qui nei dettagli della trama ormai nota quasi a tutti, ma si può visualizzare lo spot sul canale Youtube di Esselunga.
Non volevo neanche partecipare al dibattito, ma sono stata più volte sollecitata da alcune persone nel mio network. Quindi ecco la mia personale interpretazione.
Che cosa sta succedendo: la polemica
Lo spot ha polarizzato l’opinione pubblica sui social tra chi sostiene che sia una pubblicità a favore della famiglia tradizionale (a discapito delle altre famiglie), e chi sostiene invece che sia un messaggio positivo da dare.
Uno dei temi più ricorrenti in chi si dichiara “contro” lo spot della pesca è che non spetta ai bambini ricucire i rapporti tra i genitori.
Ecco la mia analisi punto per punto, in breve.
Cosa è giusto e cosa è sbagliato
Dare un’opinione sul fatto che sia giusto che i genitori dello spot siano separati è impossibile. Altrettanto impossibile è dire se tornare insieme sarebbe una scelta funzionale.
Ci troviamo di fronte a una banalizzazione del dibattito, che non tiene conto dei mille motivi per i quali una relazione può finire.
Ricucire gli strappi non sta alla bambina. Ma non è solo davanti a questo spot che bisognerebbe dare l’allarme per l’adultizzazione dei bambini. Ci torneremo più avanti.
Bianco o nero e dibattiti polarizzati
Qualsiasi tema diventa terreno di scontro e di dibattiti acrimoniosi e polarizzati nella cultura dei social, perfino uno spot in TV: o sei pro o sei contro.
Questa sorta di schizofrenia della coscienza collettiva forse impedisce di vedere un dato più sostanziale: siamo di fronte a uno storytelling fittizio, finalizzato a emozionare e magari anche a far parlare di sé. E ne stiamo discutendo da giorni con toni accesi.
Sicuramente un’opera ben riuscita sotto il profilo pubblicitario; bene anche se serve ad affrontare temi caldi che interessano tutte le famiglie italiane.
Ma vale la pena trasformarla in un’occasione per scambiarsi insulti tra sconosciuti?
L’adultizzazione dei bambini: la trave nei nostri occhi
Veniamo al punto dolente. Non è giusto che lo spot responsabilizzi la bambina, la renda adulta, al punto di cercare di sanare il rapporto tra i genitori. Questo messaggio presente nella pubblicità alza un polverone, che ha anche le sue buone ragioni di esistere.
Ma forse non stiamo vedendo la trave nei nostri occhi: quante volte siamo noi i primi ad adultizzare i nostri bambini, a postarli sui social, a spingerli alle performance, a caricare su di loro le nostre aspettative e i nostri rimpianti?
Gli spot pubblicitari sono pieni di bambini, peraltro. Le figure dei minori da decenni sono utilizzati per vendere prodotti destinati ai più piccoli o alle famiglie. Questo è etico?
Un polverone sulla psicologia spiccia
Per concludere, si è alzato un polverone su qualcosa di banale. Talmente banale che gli attori nello spot non rispettano neanche la giusta fonetica per la parola pèsca (con la e aperta), pronunciandola anche pésca, con la e chiusa, come il lavoro dei pescatori.
Quello che non è banale probabilmente non lo abbiamo visto: il livello di polarizzazione dei dibattiti pubblici, la schizofrenia dei social, la capacità di riversare rabbia e acrimonia su tutti i topic, l’ipocrisia di prestare continuamente il fianco ad un uso errato dell’immagine dei minori ecc.
Siamo in un periodo difficile dal punto di vista della comunicazione e della capacità di capirsi, in cui si sollevano polveroni in cui fioriscono le perle di psicologia spiccia. Spiccia, nel senso che è grossolana e generalizzante, banale, infruttuosa.
Anche nel caso delle famiglie separate, oggetto di dibattito legato allo spot, e dello stato d’animo dei figli dei genitori separati, non ha nessun senso prendere una posizione che sia bianca o nera. Ogni storia è a sé, ogni persona è a sé, ogni decisione è a sé.
Il nostro giudizio in merito alle vicende altrui dovrebbe restare sospeso, mentre il compito della psicologia (quella seria) è di dare gli strumenti per affrontare il trauma, a tutti gli attori coinvolti in un evento come la separazione di una coppia con figli.
Quello che invece ciascuno di noi può fare subito è rivedere il modo in cui comunica con gli altri e come si approccia, anche sui social. La comunicazione aggressiva è molto diffusa ed è la spia che qualcosa non sta funzionando nella nostra società.
Parlare, ascoltare, capire, rispondere in modo assertivo sono invece spie di un benessere psicologico individuale e collettivo, che sui social sembra essere in profonda crisi.