Dolore nelle donne: il pregiudizio ritarda la diagnosi?
Il dolore è un sintomo di molte malattie. Gli ormoni femminili (estrogeni) rendono le donne più sensibili al dolore cronico, al dolore acuto e al dolore ricorrente.
Le donne, quindi, soffrono più spesso degli uomini di sintomatologie dolorose nel corso della loro vita. Tuttavia, non sempre, il loro dolore viene preso sul serio.
Influiscono due pregiudizi: il primo è che la donna abbia una soglia di sopportazione più alta; il secondo è che il dolore femminile sia più psichico che fisico. Questo porta, talvolta, a ritardi nel diagnosticare alcune patologie.
Il rapporto tra il dolore e la salute della donna
C’è un problema nel diagnosticare una malattia che come sintomo dà solo il dolore: esso non è quantificabile. Eppure incide profondamente sulla qualità della vita ed ha un costo sociale.
Le donne hanno anche più occasioni di provare sensazioni dolorose nel corso della loro vita: dismenorrea (mestruazioni dolorose), parto, artrosi, dolore pelvico cronico, endometriosi, vulvodinia, vaginismo, fibromialgia.
Ad esmpio, i dolori mestruali e i dolori del parto sono spesso considerati “normali” e per questo si ritiene che la donna debba sopportarli.
L’incapacità di misurare e quantificare il dolore, se non dalla narrazione delle pazienti, rende difficile la diagnosi di vulvodinia, vaginismo, endometriosi allo stadio iniziale, dolore pelvico cronico e fibromialgia. Tanto che le diagnosi, se arrivano, possono tardare di anni. Molto spesso le donne si sentono dire che i dolori che provano sono frutto della loro psiche.
Ci è voluto del tempo perché numerose patologie che riguardano soprattutto le donne, fossero riconosciute come tali. Spesso infatti ci si riferisce ad esse come “sindromi” e non come patologie. La parola sindrome però indica un insieme di sintomi senza una causa riconosciuta.
Di vulvodinia, per esempio, si è parlato più spesso negli ultimi mesi grazie al racconto della modella Giulia Soleri (che ha avuto particolare risonanza anche in quanto fidanzata del frontman dei Maneskin, Damiano). In questo modo una malattia invalidante, diffusa quasi nel 15% di donne tra i 16 e i 60 anni, ha finalmente trovato spazio nella narrazione pubblica.
Un pregiudizio di genere
Alcuni esperimenti raccontati in un articolo di Fondazione Veronesi hanno messo alla prova la percezione pubblica del dolore femminile.
Una donna che mostra di provare dolore fisico è percepita come meno sofferente rispetto ad un uomo. Perché? Perché la donna ostenta il suo dolore, mentre l’uomo sopporta in silenzio. E perché la causa del dolore della donna può essere sovente di natura psichica. Questi due pregiudizi possono rappresentare un bias, purtroppo, anche in ambito medico.
Un fenomeno tristemente noto è la violenza ostetrica, ovvero i maltrattamenti verbali o fisici subiti dalle donne partorienti o che affrontano un aborto terapeutico. Ritenuto come normale e fisiologico nel primo caso, e come desiderato e meritato nel secondo, il dolore femminile viene sottovalutato. La donna che accusa dolore è sminuita, incompresa, lasciata sola. Questo aggiunge alla sofferenza fisica una sofferenza psicologica.
Un ulteriore rischio è quello di non riconoscere nel dolore il sintomo di una malattia reale, ritardando quindi le cure con tutto ciò che comporta come impatto individuale (qualità della vita, costi economici per visite e terapie, costi psichici) ed anche sociale (giorni di lavoro persi, visite mediche a carico del SSN ecc).
Come la medicina di genere affronta il dolore delle donne
Fortunatamente prende sempre più piede la medicina di genere, ovvero un approccio medico che considera le differenze fisiologiche tra l’uomo e la donna.
Questo nuovo approccio permette di affrontare in maniera più sistematica e circostanziata anche il tema del dolore femminile.
Ad esempio, sappiamo che anche alcune malattie dolorose non ginecologiche tendono a colpire più spesso le donne che gli uomini: l’artrosi, la fibromialgia (provoca dolore cronico con periodi di acutizzazione, diffuso a muscoli, tendini, legamenti ecc).
Anche il fatto che le donne vivano in media più a lungo degli uomini, le espone a più anni di sintomi dolorosi legati all’età.
La ricerca sta facendo grandi passi avanti sul piano teorico. Nella pratica, ci sarebbe la legge 38/2010 che regolamenta la terapia del dolore e il diritto a non soffrire.
Tuttavia, il pregiudizio di genere riguardo la salute delle donne è ancora forte. Forse potrà essere superato dando spazio al dolore femminile nella narrazione pubblica.