//ECSTASY PER CURARE LA DEPRESSIONE?

ECSTASY PER CURARE LA DEPRESSIONE?


La finanza ha investito in un nuovo farmaco… ora qualcuno dovrà prescriverlo?

Recentemente è emerso un trend abbastanza curioso nei movimenti di capitale in Occidente: nell’ultimo anno e mezzo la finanza ha mostrato grande interesse nei confronti della cura di problemi di salute mentale attraverso l’uso di sostanze psichedeliche.

Negli studi scientifici si fa riferimento soprattutto a forme di depressione resistenti ad altri farmaci e disturbi da stress post-traumatico.

Le sostanze su cui sono puntati tutti i riflettori sono la psilocibina, contenuta nei funghi allucinogeni, la ketamina, l’MDMA, comunemente conosciuto come Ecstasy, e l’LSD.

L’ UOMO: CAPITALE SOCIALE O MERCE?

Per quanto scioccante, visto il ritmo serrato con cui procedono i progressi su questo fronte, non è escluso che già nel 2024 un medico italiano possa prescrivere a un paziente depresso una terapia a base di Ecstasy.

Molte promettenti startup e potenti capitalisti hanno già puntato da tempo sul settore e si stima che il volume d’ affari attorno a queste sostanze per uso terapeutico potrebbe raggiungere facilmente 7 miliardi di dollari già nel 2027.

Tutto questo grazie alla rapidità con cui si stanno susseguendo le tappe burocratiche di questo iter, in particolare l’approvazione da parte dell’americana FDA che nel caso della psilocibina, proposta come farmaco per il trattamento della depressione, è attesa già tra il 2024 e il 2025.

Dalle scommesse dei mercati azionari agli investimenti dei capitalisti occidentali, si è messa in moto una macchina complessa che procede spedita verso questo nuovo scenario.

RINASCIMENTO PSICHEDELICO

Così, in un attimo, il cambiamento è già in atto: nelle riviste si inizia a parlare di Rinascimento Psichedelico, le università più prestigiose di USA e Regno Unito aprano dei veri e propri centri di ricerca sull’ecstasy e la società abbassa all’improvviso il livello di allarme e d’intolleranza verso queste sostanze.

Maps (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), intanto, è già quasi pronta con la sua terapia per la depressione a base di MDMA e attualmente sta formando migliaia di terapeuti negli USA per poi esportare queste competenze anche in UE.

MDMA COME IL RITALIN?

Questa vicenda ci potrebbe ricordare quella del Ritalin, celebre farmaco per l’ADHD, altrimenti nota come disturbo da deficit di attenzione.

Oggi questo farmaco è ampiamente criticato per i suoi effetti collaterali, ma soprattutto perché altera il comportamento del bambino senza educarlo o renderlo consapevole del modo in cui realizzare quel cambiamento in modo autonomo.

Lo stesso Leon Eisenberg, padre scientifico dell’ADHD, appena prima di morire definì la sindrome “una malattia fittizia”.

Anche in questo caso, appena brevettato il farmaco, molti gruppi d’interesse a servizio dell’industria farmaceutica hanno commercializzato la diagnosi di ADHD: i casi di bambini affetti da questa sindrome si sono improvvisamente moltiplicati e il consumo di Ritalin è cresciuto in maniera esponenziale.

Insegnanti, psicologi, assistenti sociali e moltissime altre figure professionali che operavano a stretto contatto con bambini, infatti, hanno subito un vero e proprio indottrinamento sull’ ADHD, su come individuarla per poi indirizzare i bambini alle cure di uno psichiatra infantile che, quasi certamente, avrebbe risolto il problema prescrivendo del Ritalin.

COSA CI INSEGNANO QUESTE VICENDE?

Stiamo iniziando a comprendere i meccanismi profondi che determinano il successo di un farmaco: un successo che viene promosso dai mercati finanziari e sorretto dai legami tra questo settore e quello delle grandi industrie farmaceutiche che assieme gestiscono la propaganda e le pubbliche relazioni necessarie a determinarne l’approvazione e la diffusione.

Parallelamente, assistiamo inermi a un processo di medicalizzazione totalizzante in cui l’aspetto psicologico viene asservito agli interessi finanziari, prima che a quelli dei pazienti in cura.

Quello che possiamo fare di fronte a questa inesorabile deriva, è prendere consapevolezza di quello che si cela dietro a ciascuno di questi eventi.

Non sappiamo ancora se nel 2024 un medico italiano potrà prescrivere dell’ecstasy a un paziente depresso, quello che possiamo sapere, però, è come saremo arrivati a questo risultato.