La Narrazione è Terapia
”La Parola è stata il primo e il più antico strumento della narrazione.”
Queste le parole di Andrea Bernardelli nel suo testo sulla Narrazione del 1999.
La narrazione è un aspetto imprescindibile della natura umana e costituisce una chiave d’accesso al modo di pensare, sperimentare e comportarsi di qualunque persona.
Anche nella relazione fra la persona e lo psicologo, l’uso del linguaggio ha un ruolo davvero fondamentale.
Il linguaggio nel colloquio psicologico: una chiave per il cambiamento
Svolgendo la mia attività di psicologa sperimento ogni giorno l’enorme importanza che riveste l’uso della parola nel percorso terapeutico. Durante il colloquio, infatti, l’empatia e il linguaggio si rivelano sempre degli strumenti decisivi per riuscire a costruire una comunicazione efficace con il paziente.
Riflettere sul linguaggio ci consente di cambiarlo e con esso di modificare, trasformare, dare nuovi significati a ciò che alberga nella nostra mente.
Cambiare la mente significa darci la possibilità di cambiare prospettiva e considerare nuove possibilità.
Linguaggio e narrazione
La narrazione è una sorta di “strada a doppio senso” che viene percorsa dalla persona, attraverso il linguaggio, nel momento in cui rievoca ricordi di vita vissuta e li organizza all’interno di un racconto, ma anche dallo psicologo che la utilizza come un vero e proprio strumento di cura.
La capacità di raccontare di se stessi è una funzione mentale che permette di organizzare il proprio mondo interiore e di attribuire significato alla propria esperienza di vita e patrimonio d’inestimabile valore per lo psicologo, perché gli consente d’individuare tutti quegli schemi ricorrenti in base ai quali viene interpretata la realtà.
In pratica, la narrazione non solo è una vera e propria finestra sull’esperienza di vita, ma fornisce anche un’importante chiave d’accesso al modo di pensare, di sperimentare e di comportarsi del protagonista stesso.
Riscrivere i ricordi
Il meccanismo della narrazione implica, per sua natura, l’oggettivazione dei fatti narrati.
Nel senso che gli episodi autobiografici vengono raccontati con il distacco emotivo necessario per attenuare la resistenza verso l’esperienza vissuta in prima persona. Le persone, in questo modo, abbandonano il ruolo di protagonista e iniziano a ricoprire quello di testimoni e nel tempo riescono ad assegnare agli eventi un posto preciso all’interno della propria storia personale, rielaborando anche la percezione di se stesse e degli altri.
Allo stesso modo, prestare attenzione al linguaggio comunicativo e scegliere con cura le parole da utilizzare nella narrazione, può aiutare lo psicologo a rendere le persone più consapevoli di se stesse, delle loro emozioni e delle loro paure.
Un uso attento delle parole, delle figure retoriche e la narrazione che ne consegue possono produrre una percezione diversa della realtà e perfino un cambiamento nel modo di relazionarsi con se stessi e con gli altri.
La metafora
La metafora, per esempio, è uno strumento importantissimo nel colloquio psicologico, perché permette di esprimere anche le emozioni, i ricordi e i turbamenti più profondi attraverso l’immediatezza di un’immagine.
La metafora, infatti, è ricca di contenuti visivi, evoca immagini reali, quindi consente di dare concretezza e sostanza al problema che si sta affrontando.
In questo territorio, in cui si mescolano realtà e fantasia, lo psicologo trova la chiave per accedere a qualunque emozione, anche a quelle più intense, come il dolore, la rabbia, la vergogna.
Ogni metafora usata durante la terapia non può essere preconfezionata, ma deve essere costruita ad hoc, senza mai dimenticare che una stessa metafora è sempre foriera di diversi significati e ognuno di essi diventa preponderante sugli altri in relazione alla persona e al contesto.
Proprio per evitare che possa essere compreso solo uno dei significati della metafora trascurando tutti gli altri, è sempre meglio utilizzarne più di una per affrontare un unico tema. In questo modo, oltretutto, si trasmette anche il concetto che ogni cosa può essere osservata e compresa da punti di vista diversi.
Insomma, si può dire che l’importanza della narrazione nel colloquio tra paziente e psicologo sia tale che essa è già di per sé terapeutica.
Come scrisse Alessandro Franci ne “La pena uguale”:
“Non è l’avvenimento che ha un senso; è il giudizio che se ne dà. La differenza è quasi esclusivamente l’aspetto narrativo; cioè il valore è nel racconto non nell’avvenimento.”
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