L’impossibile mestiere di fare il genitore
Freud diceva che fare il genitore è un mestiere impossibile e aggiungeva che i genitori migliori sono proprio quelli che sono consapevoli di questo limite, di questa impossibilità; nessuno, infatti, possiede la verità assoluta, la risposta infallibile su qual è il senso della vita, del bene e del male, del giusto e dello sbagliato.
Condividere questo pensiero significa affermare che non esistono manuali “pronti all’uso, di cui oggi c’è un gran proliferare, che si prodigano nell’elencare regole ammantate di scientificità, che dovrebbero garantire il successo educativo e orientare con sicurezza la vita dei figli, ma i manuali non bastano. Non esistono metodi standard, per la semplice ragione che ogni individuo è diverso dall’altro, come diverse sono le coppie di genitori e come ciascuna coppia sia una combinazione unica e irripetibile. Educare un figlio non è, dunque una scienza, è ma un’arte la cui bontà si estrinseca attraverso l’agire dei genitori, nella misura in cui credono in loro stessi (con il riconoscimento dei propri limiti) e nell’opera che stanno realizzando.
Se non è possibile essere genitori perfetti, ci sono, però tanti modi per essere un buon padre e una buona madre, primo fra tutti trasmettere ai figli il segno dell’amore, riconoscerli cioè nella loro unicità, avere fiducia nei loro desideri, dargli la possibilità della sconfitta e del fallimento, ma anche quella di rialzarsi e di ripartire con la certezza del nostro sostegno.
Un’altra cosa che si può leggere, ma non si “ impara” dai manuali è quella di donare loro la libertà di essere diversi da come li avremmo voluti, anche se a volte è dura, perché dobbiamo fare i conti con la nostra rappresentazione ideale: Sartre diceva che “se i genitori hanno delle attese sui figli, i figli avranno dei destini e, solitamente, assai infelici”. Cerchiamo, allora, di essere genitori “sufficientemente buoni”.