“Non posso avere figli”: l’impatto psicologico delle cure e dell’adozione
“Non posso avere figli”: molte donne si trovano ad affrontare questa situazione che, per chi desidera la maternità, sembra essere un ostacolo insormontabile.
Se la scienza ha fatto enormi passi avanti nella direzione della cura dell’infertilità maschile e femminile e nella procreazione assistita, è altresì vero che spesso le terapie sono pesanti, anche sotto il profilo psicologico. Quando allo stress si aggiunge la frustrazione di non riuscire comunque ad avere una gravidanza, la situazione per la donna può peggiorare.
Anche il processo dell’adozione, lungo e faticoso, può indurre un forte stress e avere un peso emotivo da non sottovalutare. Di questi temi si parla poco, ma sono elementi centrali nell’esperienza di tantissime donne e dei loro partner.
Non avere figli e essere donna
Non avere figli non definisce negativamente l’identità di una donna, nonostante la pressione culturale sia ancora forte in questo senso. Il retaggio di una visione tradizionalista che vuole la donna moglie e madre è ancora presente, anche se oggi è sempre più frequente che una donna affermi liberamente la sua diversità nel non ambire alla maternità.
Non desiderare o non poter avere figli non rende una donna meno donna.
Tuttavia, quando il desiderio di maternità c’è ed è forte, non poter avere figli è percepito dalla donna come un handicap che mina la sua stessa identità. Frustrazione, senso di fallimento, mancanza di autostima e perfino senso di colpa sono pronti a fare il loro ingresso in scena, nonostante la ragione dica chiaramente che non c’è colpa ad avere una situazione clinica che non permette di portare avanti una gravidanza in maniera naturale.
Il ruolo del partner, in questo, è fondamentale, così come anche il supporto della famiglia e degli amici. L’infertilità è un argomento per molti versi ancora tabù e l’incomunicabilità pesa ulteriormente sulla sfera emotiva e psichica della donna che desidera figli e non può averne.
Terapie, procreazione assistita o adozione?
Le strade che la scienza propone di percorrere alle donne che non possono diventare madri in modo naturale sono due: le terapie ormonali e la procreazione medicalmente assistita, che in Italia è regolamentata in maniera piuttosto rigida.
Sono possibilità che danno speranza e che hanno aiutato molte donne e molte coppie a coronare il sogno della maternità, ma non sono strade facili da percorrere.
Un susseguirsi di visite mediche, terapie che possono comportare malessere fisico, frustrazione se le cose non vanno come si spera: il peso emotivo delle cure e delle terapie può essere imponente. In questo percorso la donna – o la coppia – non dovrebbero essere lasciate sole, ma può essere importante l’affiancamento di uno psicologo per affrontare queste enormi sfide, dall’esito a volte incerto, in maniera il più possibile funzionale.
La terza strada per la maternità per chi non può avere figli è l’adozione. Si sa che sotto il profilo burocratico si tratta di un cammino lungo, talvolta misurabile in anni. Ma si parla poco di ciò che adottare un bambino significa sul piano psicologico.
Costruire un rapporto, investire emotivamente, affrontare separazioni e riunioni ripetute, non sentirsi all’altezza della sfida, temere il rifiuto da parte del bambino perché non si è i genitori naturali. Nella maggior parte dei casi le coppie che adottano provengono da una storia emotiva già importante, poiché spesso si passa, appunto, per la scoperta di non poter generare figli.
La complessità dei processi di adozione mette un ulteriore onere su queste madri e questi padri. Anche in questo processo potrebbero giovare di un percorso psicologico dedicato alla coppia e all’intera famiglia, non appena il figlio o la figlia adottiva entreranno a far parte del nuovo nucleo familiare. Questi nuclei familiari, di solito, sono formati da persone con un vissuto intenso, che necessita di essere digerito, elaborato e trasformato in una ricchezza.
Questo articolo contiene informazioni generiche e non sostituisce in alcun modo il parere di uno specialista.