Quando il coronavirus non è il solo nemico da sconfiggere
Su questo tragico momento della nostra vita si è scritto, si sta scrivendo e si scriverà, temo, ancora per molto.
L’unica certezza che abbiamo, ora, è che non abbiamo certezze, la fede nella scienza vacilla, la quarantena vista come momento prezioso per ritrovare se stessi, il fascino dei ritmi lenti, il sapore delle torte fatte in casa (tutto questo nel migliore dei casi e non certo per tutti) stanno perdendo la loro poesia, se mai l’hanno avuta e ci ritroviamo a reinventarci tutti i giorni per sopravvivere all’ansia dell’ignoto e non impazzire.
L’isolamento sociale è una condizione innaturale che mette a dura prova l’equilibrio psichico e mentale di ogni essere umano i cui effetti a breve termine non sono stati ben studiati, ma è un dato certo che lunghi periodi di isolamento aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, demenza, depressione, insonnia, rabbia e alla lunga sono causa anche di morte.
Ovvio che la quarantena è giusta, doverosa, necessaria per vincere questa pandemia, ma cerchiamo di essere realisti e consapevoli che non ha nulla di romantico, almeno non per tutti. A questo proposito riporto alcune righe di una giovane donna con la quale ho iniziato un percorso per importanti disturbi alimentari poco prima delle misure di contenimento prese dal Governo e che ha continuato con tenacia e forza d’animo questo cammino con modalità alternative alla presenza.
Le pubblico, con il suo consenso, insieme ad uno dei disegni che mi ha mandato in questi giorni, semplicemente per dire che non dobbiamo scandalizzarci se qualcuno si ostina a cercare il sole e l’aria, non possiamo neutralizzare dubbi e domande, ma trasmettere “stabilità”, cercare di contenere l’angoscia, insegnare l’arte della pazienza, ma soprattutto sospendere il giudizio e contribuire, nel nostro piccolo, ad andare avanti nel miglior modo possibile.
Molte persone hanno più di un nemico da sconfiggere!
“Sono così stremata, questa quarantena partita alla grande si sta sgretolando velocemente, la sua cima si è staccata e io sono appesa con una mano a ciò che ne rimane. Chissà se cadrò. Mi sento però che la mia mano reggerà ancora per poco….”
“…mentre sono lì, accasciata sul water penso a tutto quello che potrei scrivere, per urlare, testimoniare quello che si prova, ma non posso, devo stare lì, infilare due dita in gola e fare schifo. Mi lavo dopo ogni round e mi fermo un attimo….”
“Appoggiata sul water mi accarezzo i capelli, me li accarezzo da sola, perché nessun altro c’è. Mi lego i capelli e mi guardo da fuori con sguardo compassionevole, pregando di trovare il coraggio di smettere. Pregando di non sentire il rigurgito tornare su….,ma queste paure, questa paura della solitudine non solo ce l’ho, è cucita sulla mia pelle. È la mia pelle. Ho la pelle fatta di paure e il cuore tatuato con “solitudine” e lo sappiamo, i tatuaggi non se ne vanno. Spero quanto meno di riuscire a fare la muta e cambiare la pelle ma è così difficile!”
Grazie A.