Suicidi tra i giovani: che cosa sta succedendo?
I media ci raccontano di suicidi sempre più frequenti tra i giovani studenti, spesso a causa di carriere scolastiche e universitarie non soddisfacenti, bugie raccontate ai genitori, senso di fallimento e di inadeguatezza.
Che cosa sta succedendo a queste giovani generazioni e che cosa le rende così fragili?
La società delle performance
Oggi la società spinge tutti gli individui ad essere estremamente performanti. Gli standard richiesti alle persone sono altissimi: laurearsi, divertirsi, fare sport, avere amici, avere uno o più partner, infrangere i limiti, alzare continuamente l’asticella.
Una pressione sempre più forte e opprimente, che rende il peso delle aspettative insostenibile per molti ragazzi.
A peggiorare il quadro, ci sono i social dove ciascuno presenta una vita patinata e perfetta. Sono rappresentazioni finte, ma chi accusa un disagio o un senso di fallimento, si confronta con gli altri che sembrano essere tutti realizzati e felici. Questo rispecchiamento continuo, in una rappresentazione fittizia, acuisce il malessere.
Anche chi non arriva a formulare pensieri suicidi, tra i giovani, è spesso vittima di un senso di angoscia onnipresente in ogni ambito della vita e non solo negli Studi.
L’Università, le sue sfide, gli esami, la competizione sono il terreno dove questo disagio esplode in maniera più evidente.
La frequenza con cui tutto questo avviene ci deve mettere in allarme circa lo stato di salute della nostra società.
Il ruolo delle famiglie
Dall’altro lato ci sono le famiglie. Il ruolo dei genitori è sempre più complesso ed uno dei rischi più diffusi è quello di confondere il ruolo genitoriale con quello di amico o fratello. Un altro grande ostacolo è quello di proteggere e difendere i figli da ogni problema e da ogni fallimento, sin da quando sono piccoli.
Sostituirsi ai figli sin da bambini nel fare i compiti e nel portare avanti attività alla loro portata, oppure creare aspettative troppo elevate non aiuta lo strutturarsi di un’identità solida e coesa e di conseguenza la costruzione di un’autostima realistica, autentica, sufficientemente stabile. I genitori che si arrabbiano con le maestre per un voto troppo basso, con l’allenatore che non ha fatto scendere in campo il proprio figlio ecc, rischiano di creare un effetto “elicottero”, ovvero di proteggere i ragazzi da tutto e da tutti. Fino a quando, prima o poi, questi ragazzi si trovano ad affrontare da soli le sfide della vita adulta.
Il fallimento
Fallire è una brutta sensazione. Crea frustrazione, insoddisfazione, disistima. Eppure è qualcosa che bisogna imparare a gestire sin da bambini, perché non c’è nessuno che non abbia fallito almeno una volta nella vita.
- Fare il proprio meglio e fallire? Succede. E non è la fine del mondo.
- Accorgersi di aver sbagliato percorso universitario e di vita? Va bene, si può cambiare.
- Rendersi conto di aver scelto un partner sbagliato? Ok. Capita anche questo.
Ciò che la scuola e le famiglie dovrebbero insegnare oggi è che si può fallire, si può sbagliare. Non bisogna cercare colpevoli altrove, ma apprendere ad assumersi le responsabilità di eventuali errori, chiedere scusa quando necessario e imparare la lezione per ripartire.
Il sostegno psicologico
Se ci sentiamo oppressi, angosciati, disperati, se formuliamo pensieri suicidi, oppure se sentiamo di aver fallito e ci sentiamo inutili, indegni di stima, allora il supporto di uno psicologo può aiutarci.
Non è una formula magica, ma può servire a rileggere la situazione in una nuova chiave, a cambiare la narrazione, a scoprire di avere dentro tutte le risorse per cambiare il nostro stato d’animo rispetto alle cose che non possiamo controllare. E di prendere in mano quelle che sono sotto il nostro controllo.
Quando ci accorgiamo che un amico, un figlio, un nipote sta vivendo un periodo di malessere, invitiamolo a parlarne con un professionista. Neanche questo è un fallimento: è una scelta per stare bene, per guardare avanti.
Questo articolo è meramente informativo e non sostituisce il parere di un professionista.