//Trauma, narcisismo e relazioni tossiche: sul web tutti psicologi?

Trauma, narcisismo e relazioni tossiche: sul web tutti psicologi?


Trauma narcisismo ecc. Disegno cubista di influencer con il megafono

Trauma, narcisismo, relazione tossica, gaslighting, sindrome dell’impostore vanno di pari passo con i social che creano trend con queste parole e sempre più persone si convincono di vivere situazioni patologiche. Ma è davvero sempre così?

Il web pullula di post di autoaiuto, improntati ad una psicologia fai da te che spesso porta ad abusare delle parole utilizzate dagli psicoterapeuti.

La parola è uno “strumento” essenziale nella psicoterapia. Abusare di definizioni in modo non corretto e ridondante finisce per privarle del loro senso. Si fa una grande confusione, perché non c’è più una distinzione tra chi effettivamente vive quelle condizioni disfunzionali e chi, semplicemente, ha affrontato una brutta avventura.

Che cos’è un trauma in psicologia

Sul concetto di trauma c’è un certo caos online. Il termine viene usato in modo talmente generico da portare sullo stesso piano chi vive incidenti violenti, abusi sessuali o fisici e altri eventi effettivamente traumatizzanti, con chi vive esperienze negative come la mortificazione, il tradimento, la delusione, il fallimento ecc.

In psicologia, invece, la parola trauma indica chiaramente la risposta emotiva ad un evento che mette a rischio la salute fisica o la vita (propria o dei propri cari). L’evento è sconvolgente e la risposta emotiva è talmente forte da inficiare i comportamenti, il benessere, i pensieri, lo stato di allerta ecc.

Molte altre esperienze della vita sono sgradevoli, tristi, dolorose e se potessimo le eviteremmo con piacere. Tuttavia non possiamo far rientrare ogni evento negativo sotto la definizione di trauma, per non svuotare di senso questo termine.

Quante sono davvero le relazioni tossiche tra narcisisti e persone con dipendenza emotiva?

Veniamo ad altri termini usati un po’ a sproposito sul web, che si stanno diffondendo rapidamente. Sono quelli che riguardano le relazioni (tra partner, ma anche in famiglia o tra amici).

Relazioni tossiche, persone tossiche, narcisisti, manipolazioni emotive, dipendenza emotiva. Dalla facilità con cui si utilizzano oggi queste parole, sembrerebbe che quasi tutti vivano in situazioni patologiche.

Per fortuna, non è sempre così.

Spesso semplicemente le persone con cui abbiamo una relazione, di qualsiasi tipo, non si comportano nel modo in cui ci aspettiamo, o nel modo in cui avremmo bisogno. Egoismo, mancanza di supporto, critiche non sono necessariamente spie di una relazione tossica o del fatto che l’altra persone sia affetta da narcisismo. 

Più frequentemente sono solo relazioni in cui c’è un problema di comunicazione, oppure relazioni che stanno arrivando al capolinea, o semplicemente stiamo cercando di costruire qualcosa con la persona che non fa per noi. Non sono situazioni piacevoli, anzi, sono dolorose. Ma non possiamo svuotare di senso le parole che indicano situazioni ben precise e molto complesse.

Il narcisismo, invece, è una vera e propria piscopatologia, che deve essere diagnosticata da un professionista. Il narcisista vive una sorta di auto-esaltazione, che spesso è l’altra faccia della medaglia di una profonda insicurezza. Essendo un tratto patologico, induce a comportamenti disfunzionali e spesso manipolatori.

Fortunatamente oggi il tabù della salute psicologica è abbattuto e si è superata la concezione sbagliata per la quale andare dallo psicologo è vergognoso. Tuttavia, l’abuso della terminologia psicologica rischia di creare altro caos, su una materia che invece andrebbe trattata con molta sensibilità e – soprattutto – professionalità.

I rischi di usare a vanvera la terminologia tecnica della psicologia

I termini della psicologia hanno una funzione all’interno della disciplina: etichettare in modo univoco delle situazioni, che sono state definite e categorizzate in modo scientifico. Usarli a vanvera è un po’ come parlare di fratture scomposte ogni volta che si prende una botta su un arto.

Da un lato, quindi, si rischia di appiattire i significati e di non distinguere più tra emozioni spiacevoli (paura, delusione, frustrazione, tristezza ecc) e situazioni disfunzionali o patologiche. Le prime, volenti o nolenti, sono emozioni che ci fanno funzionare bene, quindi dobbiamo semplicemente accettarle come compagne di viaggio, scomode, ma necessarie.

Dall’altro, trasformare tutto in trauma, relazione tossica, narcisismo, dipendenza affettiva  ci porta anche a sottovalutare la condizione di chi realmente è alle prese con queste problematiche.

Come diceva Ludwig Wittgenstein, “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio pensiero”. Solo utilizzando le parole in maniera precisa possiamo raccontare, comunicare e renderci conto dell’esistenza delle tantissime sfumature di cui è fatta ciascuna esperienza umana.